Intervista pubblicata su "Area 51" n° 19 | ||
Aprile 2007 |
Loro arrivano al cuore. di Paola Harris (Prima parte). |
Intervista esclusiva a Maurizio Cavallo: «Il tempo non esiste e una grossa parte dell'intervento alieno nella storia dell'umanità, è stata condizionata da noi stessi nel futuro... che torniamo nel passato» |
Paola Harris e Lavinia Pallotta hanno incontrato Maurizio Cavallo, un caso di contatto fra i più
interessanti e controversi. La lunga intervista è stata realizzata nell'abitazione di Cavallo, a
Vercelli il 16 e 17 Febbraio 2007. Maurizio Cavallo: «Quando si modificherà la conoscenza degli esseri umani ci sarà soltanto una scelta: la follia o la luce accecante da una visione completamente nuova, perché noi non conosciamo ancora nulla e tutto quello che crediamo di conoscere è falso. Scrivilo pure.» Paola Harris: È difficile camminare in questo spazio! M.C.: «Non esiste nel cosmo una forza più distruttiva della proiezione del nostro alter ego. Noi siamo i creatori e al contempo i distruttori. Siamo noi che abbiamo creato questo mondo». P.H.: Con la nostra energia? Con la nostra mente? M.C.: «Noi abbiamo creato le cose che vediamo ogni giorno, che tocchiamo, che crediamo essere lì. È una visione completamente nuova. Forse, invece, l'uomo intuisce queste cose. Un tempo, nell'antichità l'uomo intuiva molto, almeno di queste cose. Sapeva di essere legato, di essere tessuto in maniera determinante all'universo che stava vivendo e continuava a vedere la creazione come un aspetto magico, una proiezione magica. Quest'uomo lo ha perso, ha perduto la realtà magica e quindi non conosce più né il mondo, né l'universo, e neanche se stesso». P.H.: Non posso parlare per gli altri, ma sin da piccola sentivo che questa non era la mia casa... quando guardo la televisione, ascolto le notizie e osservo ciò che accade intorno a me, non mi ci riconosco, mi sento un'estranea! Non posso immaginare quello che sta succedendo intorno a noi. Sono consapevole che lo abbiamo creato noi e che siamo malati di testa! M.C.: «L'umanità ha subito uno shock, un trauma fortissimo, l'umanità si è allontanata dalla magia divina della creazione ed è precipitata nella consapevolezza illusoria, ha perduto il senso della vita e cerca di darle un senso. Può sembrare un concetto banale, ma non è così. Il senso della vita è molto semplice: la vita basta a se stessa». P.H.: Io conosco questo concetto in inglese. Non ci crederai, ma queste erano le parole del figlio di Michael Wolf. Tu sei simile a Wolf. Mio Dio! Diceva: "il senso della vita è solo la vita stessa". M.C.: «E non c'è altro senso». P.H.: Cosa ha provocato il nostro distacco dalla creazione, a differenza di eventuali civiltà aliene che non se ne sono distaccate? M.C.: «A noi è capitata l'umanità terrestre. È avvenuto in un impeto di presunzione e di orgoglio quello che poi, egoisticamente...». P.H.: ... la caduta? M.C.: «L'umanità, allora, si era creduta all'altezza, la migliore umanità, quella perfetta, ma così non era. Orgoglio e presunzione non le hanno permesso di continuare a guardare la luce dalla quale era scaturita perché siamo tutti figli dello stesso... La vita sulla Terra è stata importata, noi siamo usati, siamo stati manipolati. La manipolazione aliena non è un meccanismo degli ultimi tempi. Noi siamo i figli dei Creatori». P.H.: Noi siamo alieni. MC.: «Noi siamo già alieni, siamo impastati. Quello che sta succedendo è solo la continuazione del programma e, durante questo processo, l'umanità si è inorgoglita, ha pensato di poter fare a meno della luce di quella che, religiosamente, si chiama Verità. Se sarà possibile, amplierò la questione nel secondo libro. Ora ho solo accennato a questo disastro, apocalisse cosmica. Il Sole di allora, che era Giove, venne scalzato, nacque un nuovo Sistema Solare, sorse un sole nuovo che gli egiziani chiameranno Ra, il Sole che Vive. Quindi c'è stata una distruzione apocalittica. Quell'umanità, a causa di queste durissime prove, perse la memoria e la coscienza e rinacque con brandelli di sapere atavico che oggi sono percepiti soltanto nel sogno. Da questo sono scaturiti le religioni, i miti e le leggende, da questo sapere antico che l'umanità non possiede più. Questa è la perdita di... quella Grazia Divina nella quale l'uomo viveva quando usava completamente i due emisferi cerebrali, il sinistro e il destro. A grandi linee è stata una ribellione». P.H.: Nella cultura occidentale prevale il pensiero scientifico cartesiano logico. C'è l'annullamento dell'emisfero destro. Tra i nativi americani c'è tutta un'altra cultura, loro usano il lato destro dove si trova la verità. M.C.: «Infatti, i nativi americani hanno continuato a recuperare perché anche loro, come gli Incas, i Maya, i Toltechi, hanno continuato a recuperare attraverso quella che era la tradizione orale, hanno continuato a recuperare il sogno dei propri avi. Quindi, pur vivendo in questa dimensione, non l'hanno mai reputata reale. Loro sono ancora un popolo magico. Noi abbiamo paura della magia perché, quando ne parliamo, parliamo di qualcosa di negativo». P.H.: È tutta colpa della Chiesa. M.C.: «È colpa della perdita di memoria ancestrale perché, vedi, quanto hai detto è esatto. A me risulta, però, che il problema non derivi dall'eliminazione della parte destra. Essa è stata, in realtà, inibita dai Creatori stessi che hanno interrotto la trasmissibilità di questa capacità a livello di DNA. Noi non potremmo in nessun caso usare la parte destra». P.H.: Ma chi l'ha fatto? M.C.: «I Creatori, gli Alieni». P.H.: L'hanno fatto? M.C.: «Sì, perché eravamo diventati troppo pericolosi a causa di quell'atto di orgoglio. Avevamo la conoscenza ma non avevamo la saggezza. L'uomo era diventato pericoloso quindi è un'interruzione voluta. È banale, ma è come se tu affidassi un fucile carico ad un bambino. Se sei saggio non lo farai e toglierai il fucile dalla portata del bambino. Loro hanno tolto, hanno inibito questo segmento di DNA. Anche la scienza dice che il nostro DNA è carente; manca qualcosa e sono stati Loro a disattivarlo». P.H.: A tutti? M.C.: «Di massima, l'hanno disattivato all'umanità in tempo. Infatti, se ci venisse data la Verità, se potessimo guardare oltre l'illusione, impazziremmo perché la Verità è un fuoco che brucia. Questo tu lo sai, i Nativi americani lo sanno. Ecco perché il processo di allargamento della coscienza è individuale e non può essere collettivo. È come se fossimo sottoposti ad una ennesima prova. Se riusciamo, attraverso la volontà ad arrivare ad un certo punto... adesso molti saranno i cambiamenti che stanno per giungere e tra non molto sarà di nuovo attivato il completo funzionamento del nostro DNA perché il codice genetico si dovrà mutare per poter sopravvivere in una dimensione nuova». P.H.: Non mi piace tirare giudizi, ma l'umanità ha problemi adesso. M.C.: «Neanche a me piace, infatti, non mi sento né prescelto né superiore agli altri, però mi sento diverso, migliore o peggiore non lo so, ma mi sento in ogni caso diverso e desideroso di conservare questa mia differenza, questa diversità. Qualcuno mi reputa folle, può anche darsi che lo sia, ma amo questa follia perché ho iniziato a comprendere... a cambiare la mia esistenza, tornare indietro nel tempo anche se non ho mai vissuto, come dicevi tu poc'anzi, amalgamandomi col mondo, nemmeno da bambino. Mi sentivo un pesce fuor d'acqua, mi sentivo in un mondo... sin da bambino non capivo la logica degli adulti, non comprendevo i loro discorsi; vedevo gli adulti che si scannavano per risolvere un problema che per me, nella mia mente di bambino, era già risolto. È stata una crescita molto lenta, a fasi alterne, sempre dolorosa perché anche da bambino mi estraniavo dai coetanei e non mi sentivo bene, non stavo bene con gli altri, quindi questa differenza c'è sempre stata, fin dall'inizio. Poi è diventata una differenza cosciente. Ho preso coscienza del perché di tante cose, del perché rifiutassi l'educazione scolastica, del perché quando mi si diceva che gli egiziani avevano costruito le piramidi io, istintivamente, sapessi che non era vero. Non avevo risposte, non potevo fornire una risposta alternativa e contraddire quegli assurdi precetti, ma sapevo che erano falsi». P.H.: Sei stato educato con una fede? M.C.: «Sì. I miei genitori erano cattolici e mi mandavano all'oratorio. Ho fatto il Battesimo perché mi hanno battezzato senza chiedermelo. Ho fatto la Comunione ma, quando è arrivato il momento di fare la Cresima, ho rifiutato, anche se non sapevo bene perché. Poi mi sono sposato senza Cresima, il sacerdote non voleva sposarmi, voleva procedere prima alla Cresima e io dissi: "Allora non mi sposo" e mi ha sposato senza Cresima. Mi sono sposato senza avere questo sacramento. C'era già una diversità. Era, comunque una diversità non compresa, era larvale, latente. Poi, piano piano, dopo l'81 c'è stata una presa di coscienza. C'è stata la prima volta che mi sono guardato allo specchio, dopo l'81, e non ho più visto il mio volto, non mi sono riconosciuto... comunque non lo dico con spirito di compassione nei miei confronti perché, ripeto, oggi rifarei tutto ciò che ho vissuto. Ieri ho dubitato di queste entità, continuavo a metterle in discussione, forse questo mi ha salvato dalla follia. Cercavo di arrampicarmi, di aggrapparmi a qualche cosa di solido perché Loro sono entrati nella mia vita polverizzando tutto ciò che sembrava, che io credevo fosse, reale. Mi hanno tolto la terra da sotto i piedi, mi hanno denudato, spogliato, scorticato e li ho odiati e, mentre li odiavo, senza saperlo cominciavo ad amarli. Non è un problema per me anche se... tu hai detto una cosa giusta: "Le fotografie avranno senso", sì un senso forse, ma non per tutti». P.H: Io ho visto sul sito le astronavi di luce e qualcosa mi hanno comunicato... l'impatto è stato qualcosa di grandioso... insomma, ci sono rimasta di sasso. M.C.: «Questo è il motivo per cui mi hanno fatto fotografare e continuano a farmi fotografare. Io la prima foto la chiesi per me stesso. In un secondo contatto, quando mi prelevarono per la seconda volta, io avevo bisogno di una qualche prova materiale, altrimenti sarei impazzito perché, quando tornavo a casa, quando mi lasciavano, io non credevo più a nulla. Mi stava sfuggendo di mano la realtà quotidiana che avevo avuto fino al giorno prima. Quest'altra realtà non riuscivo ancora a comprenderla e mi sono trovato senza supporti. Ho tentato di parlare con delle persone, ho tentato di raccontare perché avevo bisogno di sfogarmi, di cercare aiuto, avevo bisogno di aiuto. E ho visto sguardi di sufficienza; qualcuno mi guardava e diceva: "Questo qui è malato"! Ciò ti porta a nasconderti, a tacere e questo mi faceva ancora più male. Quindi ho chiesto a Loro di poter portare a casa qualcosa che, anche a distanza di giorni dall'accaduto, potesse dire al mio cervello: "Non stai impazzendo perché qui c'è una foto che testimonia che non è stato tutto un sogno ". Ho fatto una foto e l'ho portata a casa. Se avessi visto che la foto era nera e che non era venuto fuori nulla dallo sviluppo avrei capito che la mia follia era ormai galoppante. Per questo ho chiesto loro di poterli fotografare e mi hanno fatto fotografare nella base in cui sono stato portato». P.H.: Nel Mar Tirreno? M.C.: «No, tu devi leggere il mio libro». P.H.: Non ho potuto ancora leggerlo, mi dispiace. M.C.: «Quando mi hanno prelevato la prima volta, quando mi hanno rapito, mi hanno portato in una base nel sottosuolo amazzonico. Una base sotterranea che hanno in Amazzonia. La seconda volta, ho avuto il coraggio, pur tremante, di chiedere di fare una fotografia e loro mi hanno risposto di sì (anche se con Loro parlare era superfluo, visto che erano in grado di leggere direttamente nella mia coscienza; non avevo neanche il tempo di formulare un pensiero che Loro già sapevano cosa avrei detto). La comunicazione era immediata». P.H.: Bello. M.C.: «Non si può parlare neanche di telepatia, è quasi una connessione simultanea. La loro mente era nella mia e probabilmente il mio cervello era tutto in balia del loro potere. Quindi questa trasmissione è immediata, nel momento in cui sto riflettendo e dico: "Adesso chiedo... adesso chiedo... " mi hanno risposto di sì immediatamente. Ho sentito il sì, non so se riesco a spiegarmi». P.H.: Posso interromperti un momento? Tu oggi sei molto diverso da ieri. Oggi sei arrivato subito al sodo della tua esperienza; in una maniera così bella e incisiva, netta... cercherò di fare un buon lavoro. M.C.: «Stai tranquilla, la parola è comunque energia. Stai tranquilla». P.H.: Sono molto emozionata ed è importante che io sia fedele alla tua esposizione. È importante che il messaggio arrivi integro a quelle persone che ne hanno bisogno. M.C.: «Sai perché hai percepito la mia diversità oggi? Perché io sono più in sintonia». P.H.: Sto pensando a chi c'è dentro di te. Ieri eri così diverso. M.C.: «Se vuoi continuiamo, dal momento in cui chiesi di fare le foto, per mio bisogno personale. E mi venne dato il permesso. Dopo aver scattato le foto ero contentissimo perché il mio pensiero era: "Adesso si che quando... "ed era un pensiero istantaneo. Capita a tutti di pensare un discorso intero in pochi istanti e io sapevo già che quelle foto ora avrei potuto mostrarle ad altri e quindi farmi credere. Mi sarebbero state d'aiuto per convincere altri che stavo vivendo un'esperienza reale... ma, subito dopo aver fatto questi scatti mi fu comunicato, sempre in maniera istantanea, che dovevo tenere le fotografie per 10 anni senza farle vedere a nessuno e, quando mi capitava - e mi è capitato diverse volte - di discutere con delle persone, parlare con delle persone, sentire lo scetticismo, sto parlando di 20... dall'81 quanto tempo è passato? Sono un po' di anni... Allora c'era più scetticismo. Oggi sembra che l'umanità si sia aperta un po' di più... Allora, quando mi trovavo in mezzo a questi contrasti il mio pensiero era: "Ora vado di là, prendo le foto e... ", ma poi mi costringevo a non farlo. Ho obbedito per 10 anni, quindi il rapporto che ho con le foto non è mai stato improntato alla necessità di usarle come testimonianza della mia esperienza. Mi importava di più raccontare, lasciare che poi le persone analizzassero le mie parole e che qualcosa, in quelle parole giungesse alla coscienza dell'individuo. Bastava che ci credesse oppure no. Quello che ho vissuto e che sto vivendo non me lo può togliere nessuno, quindi le foto per me non rappresentano una testimonianza, un avallo alla mia esperienza». P.H.: Gli ufologi non perdonano ai testimoni il fatto che essi si trovino a vivere esperienze che loro inseguono... M.C.: «Il mio cruccio, ultimamente, da un pò di tempo è anche il cruccio da parte... quasi aborro le persone che si creano dei contatti attraverso i canali». P.H.: II channeling. M.C.: «Perché, in realtà, anche se è vero che tutti siamo canalizzatori, che tutti possiamo percepire, ricevere, è altrettanto vero che il nostro cervello elabora questi dati, li trasforma e li inquina. Oggi abbiamo una grande mole di materiale e di concetti espressi anche in molti dubbi... un oceano di confusione creata anche da tutto il gran parlare che si fa di Grigi, Rettiliani etc... non c'è da aver timore, non c'è da aver paura. Non c'è da scegliere se ci sono i buoni o cattivi. È molto semplice. Noi siamo comunque proprietà di esseri che giungono da altrove». P.H.: Mio Dio, che parole! Non ha un significato troppo negativo? Invece che "di proprietà" possiamo dire che "siamo imparentati con ..."? M.C.: «Noi siamo loro proprietà e lo abbiamo sempre saputo, solo che il nostro orgoglio, l'orgoglio dell'individuo e della razza umana è così grande da sottovalutare questa verità assoluta». P.H.: Definisci proprietà. M.C.: «Quando diciamo che siamo figli di Dio, che Dio è il nostro creatore, non siamo forse proprietà di questo Dio? Non siamo forse creature del Creatore? Apparteniamo ad un Creatore quindi siamo sempre stati proprietà di qualcun altro. Secondo le religioni i nostri giorni sono sempre legati alla volontà del Creatore. Questo lo accettiamo, lo diamo per scontato, non ci riflettiamo perché è scontato, solo che noi abbiamo reso questo Creatore a nostra immagine e somiglianza. Lo abbiamo fatto così come ci conveniva. Noi preghiamo Dio quando ci serve qualcosa e non ci ricordiamo di Lui quando stiamo in buona salute e ci facciamo i fatti nostri. Questa è l'astuzia dell'essere umano. Oggi è tempo di uscire da questi parametri. Oggi abbiamo una grande speranza, in tanta distruzione, in tanta desolazione c'è una speranza, ma essa passa attraverso la volontà individuale. Dobbiamo cambiarci, dobbiamo guardare oltre quella finestra, dobbiamo essere leali con noi stessi, dobbiamo assumere le nostre responsabilità. Questo è un processo difficile ed è tanto più difficile perché lo abbiamo rifiutato per molto tempo. Il mio non è un discorso mistico, non è un discorso religioso, è un discorso reale, però non si rivolge all'intelligenza dell'individuo, vuole solo toccare la coscienza, vuole aiutare soltanto a far riflettere così come io ho riflettuto, così come mi hanno imposto di riflettere. Posso fare solo questo e non mi interessa convincere che la mia esperienza è reale; anche se ho tanto materiale, li ho fotografati, ho dei messaggi, e ho la loro voce, tutto questo non mi interessa perché arriva al cervello e non al cuore». P.H.: Affermo sempre che l'uomo rifiuta il fatto che non siamo soli per sfuggire all'enorme responsabilità che ciò comporta. M.C.: «Questo è l'unico prezzo del biglietto». P.H.: Un enorme prezzo perché ti sfascia la vita! M.C.: «Non ti sfascia la vita». P.H.: Però ti portano a spogliarti di tutto, strato dopo strato. M.C.: «È' quello che hanno fatto con me». P.H.: La gente preferisce guardare la partita. M.C.: «Non possiamo farci nulla, è una scelta individuale. C'è tanta confusione attraverso questi vari messaggi, queste comunicazioni, perché nella realtà è semplice: noi siamo comunque proprietà di qualcuno che viene da altrove. Siamo stati importati e la vita è stata creata. Noi apparteniamo ad un processo di miglioramento perché, così come siamo venuti dalle stelle, così dobbiamo tornare alle stelle, o almeno alla coscienza stellare. Questo è un processo che passa attraverso l'individuo, quindi è un'accettazione individuale dei propri limiti. Anche la propria responsabilità è necessaria. Non possiamo demandare ad altri le nostre responsabilità e continuare a farci trasportare. La maggior parte dell'umanità si è lasciata trasportare, lamentandosi quando i punti in cui si arrivava erano negativi. Noi abbiamo bisogno di una religione che ci guidi a livello spirituale e la religione ci ottenebra la mente; l'uomo si abitua a non pensare perché è tutto già preparato, già pronto, già detto: c'è un Paradiso, c'è un Inferno, c'è un Purgatorio... tu devi fare questo e questo per meritartelo oppure non devi fare questo e quest'altro... se lo fai poi c'è anche la Santa Inquisizione che non è terminata ancora. Un po' come la democrazia: noi viviamo in democrazia, ma il fascismo, la dittatura, non sono finiti; hanno solo cambiato aspetto. Quando hanno visto che gli individui e la collettività stavano pensando e stavano alzando la testa hanno escogitato la strategia di non sottometterli con la forza, cosa che non funzionava più, ma di sottometterli con l'astuzia. Così ci hanno dato la democrazia, la libertà, ma tu sai benissimo che non siamo liberi di pensare, soprattutto di dire, oltre che fare, tutte le nostre cose. Il 70%, forse sono pessimista, dell'umanità pensa solo con la televisione. Alcune persone che conoscevo, gente che, quando avevo accennato alla mia esperienza e ad altre simili aveva alzato le spalle dicendo "Ma no, non è possibile" si sono ricredute e sono tornate da me tutte contente dicendo: "Ma sai che quello che mi dicevi l'ho sentito in televisione?". La televisione li ha convinti, capisci? Perché se lo dice la televisione vuol dire che è vero. La prima volta che mi sono arrischiato ad andare ad un'intervista televisiva io mi sono conquistato tutta Vercelli. Tutti mi volevano bene, ma non perché avessi raccontato cose interessanti (forse non avevano neanche capito di cosa parlavo), erano tutti con me solo perché ero stato in televisione». P.H.: Erano autorizzati a crederti. M.C.: «A credermi, capisci? L'importante è che ero in televisione». P.H. Parliamo di Profezie. Per quale ragione avviene il cambiamento di frequenza? Non mi parlare di catastrofi. Con le grandi disgrazie (Tsunami, le Torri Gemelle) tutto il mondo diventa più buono. M.C.: «È sempre stato così. Dopo il Diluvio Universale tutto il mondo è diventato buono, dopo la guerra è diventato buono! La frequenza è la partecipazione cosciente ad una programmazione, cioè una persona ti ascolta e non sta ascoltando te, quello che dici, ma sta facendo suo quello che possiede dentro perché non puoi dare ad altri quello che non posseggono già, puoi solo risvegliarlo». P.H.: Questo è il nocciolo. M.C.: «Io non posso convincere con le foto come prove, devo solo parlare dicendo della mia esperienza. Se qualcosa è già dentro la persona che ascolta, è presente un seme che le mie parole possono far germogliare». P.H.: Quante persone pensi che siano pronte a ricevere l'acqua? M.C.: «Troppo poche. Anche per questo da parte Loro, da quelli provenienti da altre sfere, dagli extraterrestri o non so come preferisci chiamarli, negli ultimi tempi, e tu che sei nell'ambiente lo sai già, c'è stata un'amplificazione nei rapimenti, anche se ultimamente sembra che non se ne parli più. Tale amplificazione avviene perché hanno tentato, stanno tentando di selezionare, di innescare un processo di apertura alla nuova genetica su molte più persone». P.H.: Quando parliamo di rapimenti stiamo parlando di diverse razze? M.C.: «Certo! I Grigi, per mia esperienza personale, non ti fanno male. II trauma, il male, sei tu stesso che lo provochi. Vedi, neanche nel mio rapimento qualcuno in realtà mi ha fatto del male, eppure la mia vita è cambiata in maniera drammatica. Sono stato alle soglie del suicidio, ma ero io che mi facevo del male, o meglio, era la mia condizione umana di rifiuto verso una realtà che mi procurava del male. I Grigi in molti casi sono soltanto gli esecutori di un programma». P.H.: I Grigi, in particolare, come diceva il Col. Corso, sono una razza clonata. M.C.: «Sì, sono un tipo di automi». P.H.: Non hanno l'anima e Corso diceva che al Pentagono temevano che i loro creatori fossero la razza umana proveniente dal futuro. Noi dal futuro stiamo cercando di evitare una catastrofe di origine nucleare. I grandi avvistamenti infatti sono avvenuti a White Sands quando abbiamo giocato con la Bomba Atomica. II tempo non esiste, noi dal futuro dobbiamo cambiare gli eventi del presente che accadranno in un prossimo futuro per evitare gravi mutazioni genetiche. Se questo fosse vero abbiamo una grande responsabilità, cioè quella di cambiare quel preciso evento per evitare la catastrofe. È tutto legato allo spazio-tempo. M.C.: «Non è solo questo. Anche se condivido pienamente quanto stai dicendo. Io sono convinto che il tempo non esiste e che una grossa parte di questo intervento alieno, nella storia dell'umanità, venga condizionata anche da noi stessi nel futuro che torniamo nel passato. Ne sono convinto». P.H.: Questo è difficile da digerire... M.C.: «È' difficile anche da concepire». P.H.: Sì, Io concepisco ma solo perché ho conosciuto un microbiologo, Dan Burisch, un genio che il governo americano ha usato per effettuare un prelievo cellulare su di un Grigio nell'Area 51. Questo Grigio, chiamato J-Rod, aveva una famiglia, una compagna e un figlio e si è prestato per lo studio del DNA in quanto lui era una mutazione dell'umano del futuro a causa di un problema nucleare. Dan Burisch io l'ho incontrato due volte a Las Vegas e non stava mentendo. II governo lo aveva avvertito di non guardare né toccare il Grigio perché avrebbe immediatamente ricevuto delle immagini. Dan mi spiegò che, quando entrò nell'Area 51, nella zona sterile... (interviene bruscamente Cavallo) M.C.: «Sono viaggiatori nel tempo, viaggiatori temporali e usano i loro veicoli per farlo. È naturale perché lo spazio e il tempo coesistono e, nel momento in cui si forma o si cerca di modificare il tempo, si crea o si modifica anche lo spazio. Spazio e tempo sono correlati, senza spazio non potrebbe esserci il tempo, senza il tempo non può esserci lo spazio. Sono due entità che nascono dall'illusione perché, in realtà, il tempo non esiste e non esiste neppure lo spazio. Noi abbiamo l'infinito come misura dello spazio ed eternità come misura del tempo. Tra eternità e infinito creiamo, attraverso la psiche, attraverso la falsa visione della realtà, creiamo lo spazio e il tempo. Immagini atemporali che coesistono. Per me sono sempre stati viaggiatori nel tempo». P.H.: Anche Corso li definiva viaggiatori nel tempo. M.C.: «Una volta mi hanno spiegato che, se noi viaggiassimo alla velocità della luce e volessimo dirigere una nostra astronave verso un pianeta distante, diciamo, cinque anni luce, non riusciremmo mai a raggiungerlo perché quel pianeta che ci appare a cinque anni luce non è realmente lì, ma si tratta di una distorsione spazio-temporale. Se noi viaggiamo nello spazio non raggiungeremo mai un pianeta posto nel tempo». P.H.: E pensare che quei poveri scienziati stanno studiando come raggiungere Marte! Senza contare che forse l'uomo su Marte ci è già arrivato. M.C.: «Su Marte sì, perché fa parte del nostro spazio-tempo. Marte, Venere... io parlo di una realtà fuori dallo spazio-tempo che ci compete, dove la nostra realtà si chiude, la nostra realtà finisce. All'esterno del nostro spazio-tempo noi vediamo una stella lontanissima, la vediamo anche con gli occhi, ma la scienza ci spiega che la luce emanata da quella stella non esiste più da qualche miliardo di anni. Quindi noi per raggiungere quel punto dovremmo tornare indietro nel tempo. È questo il concetto di cui stavo parlando. Quindi noi, se usassimo un'astronave, anche viaggiando alla velocità della luce, non potremmo raggiungere quella stella che oggi vediamo con gli occhi perché non si trova nello spazio ma si trova nel tempo. È un'equazione assai semplice e diventa difficile per la scienza. È difficilissima per la scienza perché la scienza continua a credere che l'universo, il cosmo, sia sensibile, sia tattile, che sia fisico, ma non lo è. Il cosmo è un'emanazione psichica». P.H.: È difficile... io sono Toro con ascendente Sagittario... ho i piedi per terra. M.C.: «Illusione non vuol dire che non esista, è un errore che facciamo nella nostra mente. Quando diciamo "Illusione" il nostro cervello trasmette subito l'idea di un qualcosa che non esiste. "Illusione" non vuol dire che non esiste. Illusione vuol dire soltanto che quella cosa non esiste così come la vedi. Quindi non è che non esiste, tu esisti, il tavolo esiste, lo tocchiamo però è illusione. Forse questo non è così come lo vediamo... Se riuscissimo a vederlo nella realtà forse riusciremmo a vedere noi stessi nella realtà e potrebbe essere completamente diverso». P.H.: Qual è lo scopo degli extraterrestri? Vogliono farci raggiungere una certa potenzialità, vogliono salvarci la vita, vogliono far sì che noi si appartenga ad un qualche gruppo cosmico... Ho notato su una parete la foto di Ashtar Sheran... M.C.: «Sì, me l'ha regalata Eugenio Siragusa». P.H.: Siragusa diceva di aver conosciuto i Venusiani e che esiste una confederazione... M.C.: «Sì, c'è una confederazione dei mondi. Clarion ne fa parte, infatti loro lavorano assieme ad abitanti di altri pianeti e ad altri abitatori di uno spazio-tempo diverso». P.H.: Si combattono tra loro? M.C.: «No». P.H.: Ci sono i malevoli... non mi piace questa parola... M.C.: «Ci sono i malevoli però, tranne qualche errore (perché anche Loro possono commettere errori, non è che la loro evoluzione sia perfetta, almeno per quelli che conosco io), tranne qualche problema che può presentarsi come è accaduto in passato, la confederazione interstellare non permette che alcuno di questi esseri malevoli possa entrare in questo spazio-tempo. Però a volte entrano perché sono entità psichiche ed entrano attraverso un richiamo del cervello umano». P.H.: Hai mai incontrato quelli malevoli? M.C.: «No». M.C.: «Forse perché io non li attiro, forse perché c'è anche una difesa da parte di quelli che... siamo noi che li attiriamo, capisci?». P.H.: Ci credo, credo che dipenda da noi. M.C.: «L'unica possibilità, per entità aliene, di penetrare in questo spazio-tempo, soprattutto in questo momento, è la psiche umana». P.H.: Un richiamo... un invito. M.C.: «Quando sei arrivata, stavo dicendo che non credo ai contattisti se non dopo averli sottoposti ad un vaglio molto accurato. Bisogna andarci con le molle... mi fanno paura anche i canalizzatori perché... ecco, quello potrebbe essere un rischio perché invitano, si predispongono, capisci? E accettano qualunque forma di...». P.H.: II mondo del contattismo è quello. Nell'intervistare certe persone a volte mi rendo conto che vogliono la fama, come se da piccoli non avessero avuto sufficienti attenzioni e ora, da contattisti, si atteggiano a guru. M.C.: «Forse è un desiderio di esprimersi, di raggiungere il successo, la fama, di realizzarsi in qualche modo, di apparire, forse da piccoli hanno subito delle angherie e sono passati inosservati... io diffido ...». P.H.: Anche per quelli veri come Billy Meier, che ho incontrato in Svizzera, si formano intorno dei culti, delle persone così devote che diventano la loro protezione o, almeno, così credono. In realtà diventa un gruppo che si riunisce e rovina il contatto. M.C.: «ll gruppo, in realtà, quando c'è qualcosa di vero nel contatto, non difende il contattista, ma lo distrugge». P.H.: Perché gli da meno credibilità. M.C.: «Non solo, lo distrugge anche a livello fisico e psichico. ll gruppo è un insieme di volontà completamente diverse dalla volontà del contattato. Ognuno del gruppo sta intorno al contattato, nella maggioranza dei casi, per fini personali». P.H.: Qualcosa che gli manca e che spera di trovare lì. M.C.: «E quando il contattato, o il messaggio reale, raggiunge i vari componenti del gruppo, ogni volta che passa attraverso la bocca di uno del gruppo, perde qualche cosa, si modifica. E così quando il messaggio esce fuori dal gruppo non è più quello che era arrivato in origine». P.H.: È come nel casa di Gesù Cristo, no? M.C.: «Molte volte mi è stato chiesto: "Perché non fai un'associazione?". No, è una cosa che disprezzo, ma non in senso negativo. Io apprezzo molto la libertà che in qualche modo sento dentro di me e quindi voglio, per prima cosa, rispettare la libertà presente in ogni individuo. Io non potrei mai trascinare dietro di me delle persone attraverso la mia vicenda personale. Posso parlare a queste persone, posso raccontare la mia esperienza, ma voglio che queste persone, poi, si assumano le proprie responsabilità come io mi sono assunto le mie. Ognuno di noi è libero. Il dono più grande della vita, secondo me, è la libertà che ogni individuo dovrebbe sempre avere. Io non posso, non voglio condizionare nessuno. Quando vedo una persona che, mio malgrado, si condiziona a causa di quello che dico perché ci crede... ad esempio capita che mi chiedano: "Ma tu confermi che nel 2012...?", io non confermo niente. Non si può vivere con dei concetti che poi diventano granitici; diventa una religione e la religione, secondo me, è una posizione della coscienza che porta a mettere le proprie responsabilità sulle spalle di altri, come abbiamo detto prima, Paola. Il cambiamento di frequenza deve essere un cambiamento individuale. Il cambiamento di frequenza è un processo salvifico. È' un processo di trasformazione che passa solamente attraverso la responsabilità individuale. Sai che non sono io a dire queste cose, le ha dette Gesù Cristo: "Chi non prende la propria croce non potrà seguirmi"... quindi il discorso è che la responsabilità personale, la volontà personale...». P.H.: Gesù ha parlato di amore, tante persone dicono "Dio è amore"... M.C.: «Dio non ha parlato di amore, è la chiesa che ha parlato di amore». P.H.: Gesù ha detto: "Vi do due comandamenti: prima amate Dio, poi amatevi l'un l'altro". Se la gente si amasse non farebbe più guerre, non ci sarebbe più la pedofilia... qual è il messaggio degli alieni sull'amore? M.C.: «L'amore è la legge del cosmo. Il cosmo si basa sulla legge dell'amore. L'amore è equilibrio. Gesù non ha parlato di amore, dell'amore ché intendiamo noi, Gesù ha parlato di "amare" e amare vuol dire entrare in equilibrio frequenziale. È trasmutare le proprie frequenze nella legge dinamica dell'amore che è la legge creativa». P.H.: L'astronauta Edgar Mitchell dell'Apollo 14 ha usato la stessa parola, «equilibrio». Ha detto che il mondo è squilibrato e che, finchè non raggiungerà l'equilibrio, noi non avremo né pace né consapevolezza. Questa parola, equilibrio, a me interessa... M.C.: «Per questo dico che è una questione individuale. L'equilibrio non può dartelo nessuno se non sei tu stesso a trovarlo. La responsabilità è individuale. L'equilibrio può essere portato attraverso la sintonia, quello scambio di cui parlavamo prima, quella sintonia di frequenza. Quindi io parlo, ti racconto un'esperienza, tu senti che questa esperienza ti smuove qualcosa dentro, ma quel qualcosa devi averlo dentro anche tu. Poi serve la volontà e la determinazione perché devi essere tu a scegliere se vuoi cambiare oppure no». P.H.: Sì, e non puoi costringere le persone a frequentare il liceo quando sono ancora in terza elementare. M.C.: «Non puoi neanche costringere le persone a frequentare la seconda elementare; puoi solo suggerire, spiegare alle persone che ci sono delle classi e che è conveniente frequentare queste classi per un ampliamento della coscienza, per una maggiore saggezza, per conoscere... puoi solo suggerirlo». P.H.: Ti esprimi sempre così, parlando alle persone? M.C.: «Alcune volte sì, altre no. Spesso devo usare esempi più banali, più terra terra... te lo dico per sintonia. La vita mi ha insegnato anche ad essere attento e diffidente, a volte». P.H.: La tua reputazione è questa e mi ha molto sorpreso la tua pronta risposta alle mie e-mail e che fossi così disponibile. M.C.: «No, è semplicemente che non mi piace avere i riflettori addosso. Il palcoscenico non mi interessa perché sono soddisfatto di come sono. Posso avere tanti difetti, ma non la debolezza di desiderare di pormi su una ribalta per ottenere qualcosa di cui sono stato carente... io mi basto. Ormai ho imparato a vivere anche nella solitudine. Mi piace la solitudine e da solo ci sto anche bene». P.H.: La tua storia è così concreta, così netta. C'è tanto materiale ed è un peccato che non ci sia qualcuno di molto affidabile che possa realizzare un documentario. M.C.: «Potrei anche farlo io ma, come dici tu, ci vorrebbe qualcuno di molto affidabile. Mi hanno anche fatto delle proposte. Qualcuno a Milano voleva fare un documentario, avrei dovuto mandare i filmali e le fotografie... ma non mi sono fidato. Con una persona di cui mi fido... allora sì, si possono fare tante cose perché il materiale non manca». P.H.: Come avvengono i contatti? M.C.: «Solitamente hanno questi due modi: una proiezione direttamente nella tua mente e ti risvegliano, come se vivessi un ricordo di ieri. Può essere un ricordo anche di molti anni prima e tu lo vedi come se fosse ieri. Ti ricordi, ti viene alla mente ma è diverso dal ricordo perché tu lo vedi come uno schermo mentale, vedi proprio un'immagine, oppure ti fanno vedere attraverso una specie di monitor, non è un monitor, naturalmente, però è come se lo fosse e vedi delle immagini che sono state...». P.H.: Tu sei entrato in una stanza e c'era un monitor? M.C.: «Sì, esatto». P.H.: Non mi dire che vedi cosa succederà nel 2012...? M.C.: «Che avrebbe procurato al pianeta una lacerazione programmatica. Sarebbe capitato qualcosa di costruito che avrebbe portato l'umanità all'ultimo tratto della propria follia, questo mi avevano detto. E poi è successo che mi hanno dato delle profezie: "Leggi Nostradamus" mi hanno detto, "leggi questa e quell'altra profezia... ". Io le ho lette ma non ci ho capito nulla. Però... l'11 Settembre era un Sabato, mi sembra..: ». P.H.: Era Venerdì. M.C.: «Era il giorno in cui era venuta a trovarmi Florinda Balli». P.H.: La conosco molto bene, è Svizzera. M.C.: «Ci eravamo conosciuti a Lugano. Aveva voluto un paio di articoli da mettere nel suo sito e quel giorno mi aveva chiesto se c'erano delle novità nella dimensione aliena e io le avevo risposto: "Mah... qualcosa dovrebbe accadere...". Poi lei prese il treno perché doveva tornare a Lugano e mi telefonò dalla stazione dicendo che aveva sentito la notizia per radio... davano la notizia già nel pomeriggio di venerdì. Solo in quel momento io sono andato a rileggere le profezie, i passi profetici che mi avevano dato e ho capito che Nostradamus parlava dell'11 Settembre». P.H.: Secondo te siamo abbastanza folli da causare una catastrofe nucleare? M.C.: «Sì, questo non bisogna dirlo alla gente, però è così». P.H.: Sarà un incidente? M.C.: «Sarà un incidente voluto». P.H.: Voluto... causerà problemi... come facciamo? Possiamo alterare lo spazio-tempo per evitare... Io non penso che tutto sia predestinato. M.C.: «No, non è predestinato. Non esiste il destino. Il destino è il processo delle nostre scelte. Non è detto che io quando nasco devo fare per forza determinate cose. Io posso fare quelle cose ma posso farne delle altre. Non è programmato, le sorti dell'umanità non sono predestinate». P.H.: Questo vuol dire distruzione completa della razza umana? M.C.: «No, completa distruzione no. Non ci sarà. Se mi proietto tra 20 o 30 anni dirò... Ma è difficile che io tra venti o trent'anni... può darsi... è già un errore perché abbiamo posto delle limitazioni. Non riusciamo a vederci come creature immortali, perché siamo infiniti e fintanto che avremo queste chiusure noi, realmente, saremo dei mortali». P.H.: Per quanti anni vivono? M.C.: «Vivono a lungo, ma lasciano il corpo fisico anche loro. L'unica differenza tra noi è che Loro hanno la coscienza quando si reincarnano. Quando creano un corpo nuovo hanno la coscienza che avevano all'inizio, mentre noi la perdiamo. Loro sanno di essere sempre quello che sono». P.H.: Hanno una società normale... hanno dei figli? M.C.: «Su Clarion, sì». P.H.: I loro figli sono partoriti dalle donne? M.C.: Loro hanno una gestazione molto più corta, non sono nove mesi. Mi hanno accennato a circa tre mesi del nostro tempo e crescono normalmente, ma con delle capacità diverse dalle nostre. I bambini hanno tutta la saggezza immagazzinata, tutta la saggezza dell'intero popolo». P.H.: Queste foto che mi hai mostrato sono di Clarion? M.C.: «Quella bambina è di Clarion» (v. foto in alto, N.d.R.). P.H.: Anche le altre donne? M.C.: «Sì». P.H.: Le donne aliene che sono sulla Terra, sono coscienti di essere di Clarion? M.C.: «Sì, altre creature sono su piani astrali più sottili, ma Loro di Clarion vivono in una materia diversa dalla nostra. La loro densità atomica è diversa. Infatti devono rallentare il dinamismo atomico per rendersi visibili ai nostri occhi e per potersi adattare alla vita sulla Terra. Devono rallentare di molto queste frequenze però, tutto sommato, sono fatti di carne ed ossa come noi». |
Continua su Area 51 n° 20 di Maggio 2007... |
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