Nello scenario cosmico, l’unica legge è la vita. Non esistono leggi fisiche ma solo fattori di compensazione e un insieme di
coincidenze armonizzate e coesistenti. Non esiste il tempo ma solo concause temporali. Neppure lo spazio come da noi concepito è
reale: lo spazio come noi lo interpretiamo implica un’enunciazione di luogo, mentre l’infinito non sopporta alcuna definizione.
Nessuna limitazione.
Quello che chiamiamo spazio è più semplicemente la realizzazione illusoria di estensioni virtuali create da vortici plasmatici
causali. Ciò che chiamiamo tempo è solamente il velo increspato del sogno, la percezione falsata dal sonno materico nel quale
siamo immersi e dal quale ancora non riusciamo a svegliarci.
Ma quando iniziammo a dormire?
Quando nel 2005 Oltre il cielo vide la luce
dopo aver dormito per tanto tempo in fondo ad un cassetto, mai avrei potuto immaginare
quante persone nel mondo mi erano state silenziosi compagni in un viaggio parallelo, avendo vissuto in parte esperienze simili
alle mie. A ogni latitudine, senza conoscersi, altri esseri umani sani di mente, di ogni ceto sociale, avevano vissuto lo stesso
sconforto, l’emarginazione e la paura generati dal mistero proveniente dall’altrove. Soprattutto, rimasi sorpreso dal numero di
coloro che in qualche modo, avendo intuito che l’esistenza andava riscattata dall’inganno e dall’oscurità, si erano messi in
viaggio nelle regioni della propria anima in cerca di risposte; stupito, dai tanti che avendo guardato ai loro strani sogni e al
cielo cercando d’interpretare quella sensazione ormai trasformatasi in presagio di epocali mutamenti, si stavano predisponendo a
veder sorgere il nuovo giorno del mondo.
Centinaia di lettere e telefonate mi fecero capire che molte cose erano cambiate dagli anni in cui per lo scetticismo e la
diffidenza con cui l’uomo accoglie sempre l’inconsueto e lo straordinario chiuso nella mia solitaria sofferenza custodivo i
miei inquietanti segreti. Una grande quantità di messaggi elettronici accomunati nella stringatezza dalla commovente semplicità
di una sola frase: "...Grazie per averci voluto donare la tua storia...", mi fecero comprendere che non avevo sbagliato decidendo
di raccontare quello che per lo sbalorditivo impatto socioculturale doveva a mio parere appartenere a tutti.
Naturalmente non mancano critiche, giudizi affrettati e attacchi talvolta banali da chi, ancora impastoiato dalle logiche
conformiste e dagli ingannevoli indottrinamenti della ragione, mortifica lo splendore dell’antica divina sophia intorpidito
dall’oscurità delle proprie inconsce paure. Per onor di cronaca, non scarseggiano neppure coloro che, affetti da psicopatie più o
meno gravi o da turbamenti congeniti nella più benevola delle ipotesi, hanno voluto incontrarmi offrendomi collaborazione, poiché
con eloquente tracotanza e poca umiltà, in una zuppa mal digerita di elementi mitico-religiosi e credenze popolari, asserivano di
essere stati prescelti per opere salvifiche ( quando non mi fu "confidenzialmente" rivelato essere essi stessi entità superiori
in missione sul pianeta Terra...). Ma ciò è tutt’altro discorso.
Se Oltre il cielo scaturiva dalla necessità
di risollevarmi di fronte all’immane responsabilità che sentivo sempre più premere
nella coscienza dopo che lottando vanamente con "coloro che provengono dall’altrove", dilaniato dal dubbio che quanto stava
accadendo fosse solo follia, arrendendomi rassegnato all’evidenza iniziai dolorosamente a fare i conti con le brutali evidenze di
un nuovo paradigma, Alle Sorgenti Del Tempo nasce dall’esigenza di una consapevolezza acquisita, dalla certezza che i visitatori
sono concreti, e tutto ciò che mi fu concesso vedere e conoscere, è effettivo.
I loro mondi, le città, le loro strutture architettoniche, la scienza, le fantastiche tecnologie, le loro navi, i manufatti della
loro civiltà e gli spaventosi segreti del paesaggio cosmico nei quali venivo erudito, sono veri reali sostanziali almeno quanto
se non più delle configurazioni atomico-molecolari che, ordinando il nostro mondo fisico e noi stessi, in quella energia rallentata
definita materia, siamo soliti senza alcuna incertezza evidenziare con tali aggettivi.
Alle Sorgenti Del Tempo, raccolto dalle stesse pagine di quel diario che, ventotto anni or sono, mi permise di non capitolare
sotto la sferza del delirio, narra del periodo cronologicamente racchiuso tra la primavera e l’inizio dell’estate del 1986, in cui
la mia esistenza subiva la metamorfosi sublime... rievoca il radicale mutamento della coscienza di un uomo condotto per i declivi
di un siderale scenario fino all’alba della prima genesi. Svela la conoscenza acquisita fra le paure e le speranze di allora,
mentre apprendevo i segreti della razza umana in un viaggio ai confini dell’infinito. Narra dell’atavico passato di mondi e di
civiltà sorte e inabissatesi nell’oceano ribollente di universi senza nome, di astri e galassie in quella che fu la culla della
vita, al tempo del non tempo, nell’antico canto dei precursori.
Questo libro delinea parimenti un possibile futuro per l’umanità, un destino terribile o luminoso, apocalittico o d’armonica
transizione verso lidi di trascendente bellezza... ma la cui scelta spetterà agli uomini: dipenderà da noi, esseri fatti ad
immagine e somiglianza dei creatori, costruire la nuova era. Il domani dell’uomo già alita nei suoi sogni, oppure nei suoi più
terrificanti incubi. La speranza o l’oblio, l’annientamento o una nuova prodigiosa realtà ci attendono oltre i cancelli della
mente, oltre l’inganno di Medusa, la regina dai mille serpenti.
Concludendo, ai tanti che mi sono stati vicini con fraterna premura vorrei dire grazie, mentre chiedo perdono ai troppi ai quali
per ovvi motivi non ho potuto rispondere.
Insieme con tutti coloro che oggi nutrono la speranza di ritrovare, nelle infinite vastità del cosmo e nell’ancora più vasto
territorio dell’anima, il sentiero che potrà condurci verso la nostra origine stellare alle porte dell’ancestrale mistero, vorrei
potermi immaginare idealmente unito intorno a un grande fuoco nell’attesa che dall’ultima ora notturna fiorisca il giorno nuovo.
Maurizio Cavallo (Jhlos)
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